Come i bias cognitivi possono aiutarci nel web marketing

I bias cognitivi sono il vicolo cieco della nostra mente. È l’errore sistematico che ci permette di capire che siamo persone e non computer. Siamo essenzialmente non razionali. I bias cognitivi sono considerati da molti come vere e proprie miniere d’oro della psicologia umana. Perché? Se studiati e analizzati i bias cognitivi possono essere di grande aiuto alle nostre attività, alla nostra personalità e magari anche aiutarci sul lato finanziario.

Da anni la psicologia legata al marketing studia i bias cognitivi. Ogni anno vengono introdotti dei nuovi e il processo di analisi sembra non terminare. Ad oggi, se visitiamo la pagina Wikipedia dedicata possiamo capire che i bias cognitivi che affollano la nostra mente non sono certo pochi. Anzi. È pur vero che la maggior parte sono ripetizioni, o sono costole di alcuni più importanti. Vi lascio l’infografica che ho in ufficio, così magari potete stamparla (farla stampare, è bella grande 🤓) anche voi e trovare facilmente quelli che fanno al caso vostro, basta cliccare sulla foto.

I bias cognitivi, come abbiamo visto, sono degli errori della nostra mente, o meglio dire, sono delle scorciatoie (giuste o sbagliate) che la nostra mente elabora per sprecare meno risorse e portarci all’obiettivo il prima possibile. Ma passiamo subito ad analizzare i principali bias cognitivi che possono interessare chi lavora in ambito web marketing e non solo.

Bandwagon bias

Nelle elezioni politiche sentiamo molto spesso parlare di sondaggi, soprattutto verso la fine della campagna elettorale. Questi sondaggi mettono in evidenza il probabile risultato finale, facendo riferimento ai partiti più in voga e alle rispettive figure politiche. Le persone che magari ancora non hanno una posizione politica forte, sono influenzate da questi prospetti e tendono a prendere la decisione più popolare in quel determinato periodo. Questo è l’effetto bandwagon, meglio conosciuto come il bias del carrozzone. In pratica, la soluzione più facile è quella di salire sul carro dei vincitori e lasciare così scadere tutte le altre opzioni, per un semplice motivo: siamo pigri! L’effetto bandwagon lo possiamo facilmente vedere e comprendere analizzando le recenti operazioni in borsa “dettate” da Elon Musk a favore di Gamestop.

Anchoring bias

Un altro bias cognitivo che, se interpretato e utilizzato nel modo corretto, può tornarci utile nelle nostre campagne è l’ancoraggio. Come ci suggerisce il nome stesso, l’anchoring effect è l’aggancio alle prime informazioni. La nostra mente focalizza l’attenzione sulle primissime informazioni che ci vengono fornite, tralasciando tutto il resto. Un esempio lampante, è quando Steve Jobs presentò l’iPad al mondo intero. Nessuno aveva mai visto un iPad, né tanto meno un tablet, quindi non c’erano prezzi per un confronto, non c’era l’ancora. Steve Jobs, allora, mentre parla dell’iPad dice una cosa di fondamentale importanza:

Sono onorato di dirvi che il prezzo di partenza dell’iPad non sarà di 999$, ma solamente 499$.

In questo modo Steve Jobs ha creato l’ancora. Le persone, quindi, avendo come riferimento 999$, hanno percepito un risparmio fittizio di 500 dollari.

Decoy bias

Sulla stessa linea del bias anchoring, possiamo inserire l’effetto decoy o meglio conosciuto come effetto esca o effetto dominanza asimmetrica. Ci capita spesso, quando valutiamo un abbonamento online o magari siamo al fast food e dobbiamo ordinare il nostro menu, di osservare diverse proposte. Se ci pensiamo bene, quasi sempre sono tre proposte. La prima opzione ha un prezzo alto, la seconda un prezzo basso e la terza opzione tende verso il prezzo più alto. Questo perché? Perché se ci fossero state solo due possibilità di scelta, l’utente si sarebbe sentito libero di scegliere in base al prezzo. Quando invece proponiamo all’utente una terza opzione che ha caratteristiche quasi simili all’opzione più costosa e il suo costo è prossimo a quello più alto, allora parliamo di effetto dominanza asimmetrica. L’utente, condizionato dall’esca, ha maggiori probabilità di acquistare l’opzione più costosa.

Attentional bias

Un bias che ci tornerà utile soprattutto quando realizziamo campagne ads è l’attenzione selettiva. Siamo inondati di informazioni che vengono visualizzate prima dai nostri occhi e poi elaborate dalla mente che le passa in rassegna e fa una sorta di scrematura. Quelle che vengono scremate, non passano proprio nella nostra mente, non rimangono. Facciamo un gioco. Riesci a contare quanti passaggi di palla fanno le ragazze con la maglia bianca?

…e il gorilla? Sei riuscito a vederlo la prima volta? Probabilmente no. Non ne fare un dramma. Questo accade perché ti ho detto di concentrarti su una specifica richiesta. In questo caso la mente è stata influenzata dalla richiesta e ha evitato di focalizzare l’attenzione sul resto. Questo bias ci fa capire perché alcune delle nostre campagne non convertono. Stiamo focalizzando l’attenzione nella giusta direzione? Il target dichiarato nelle ads è davvero quello giusto per noi? Molto spesso, ci sforziamo di elaborare diverse creatività tralasciando un fattore chiave, il nostro pubblico.

Arrivati a questo punto possiamo capire quanto siano importanti i bias cognitivi e quanto la loro conoscenza, almeno dei principali, possa giovare alla nostra attività. Se sei particolarmente interessato a questo argomento, fammelo sapere nei commenti. Approfondiremo la tematica in un prossimo blog post.